MC Magazine
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Da ogni “piccola deviazione” una grande crescita, da ogni “grande rottura” una rinascita

Intervista a Isabella Turso

In Italia è considerata una delle compositrici e pianiste più rappresentative di stile neoclassical new-age. Le sue composizioni hanno una capacità unica di coinvolgere in viaggi sempre diversi, emozionanti, introspettivi. In occasione dell’uscita del suo ultimo album da solista, “Big Break”, abbiamo intervistato l’incredibile pianista Isabella Turso.

Raccontaci quando hai iniziato a muovere i tuoi primi passi nella musica. Hai sempre saputo di voler fare la pianista nella vita o ne hai preso coscienza gradualmente?

Fin da piccola strimpellavo gli strumenti che mi capitavano a tiro in casa! Mio padre era un appassionato di musica, in particolare amava il pianoforte, e suonava da autodidatta. Era un vero talento ma ha fatto poi altro nella vita. Con il mio papà avevo un rapporto speciale e privilegiato: passavamo ore a suonare l’organo elettronico a doppia tastiera, ho ricordi bellissimi legati ai quei momenti. Lui mi insegnava delle melodie che riproducevo con facilità ad orecchio. Altra cosa per cui devo ringraziare mio padre è che mi faceva ascoltare moltissimi pianisti che ho amato follemente e che mi hanno fatto appassionare in modo molto naturale a questo straordinario strumento: in particolare ero affascinata da Horowitz e Aškenazi.

A nove anni ho iniziato a frequentare i corsi propedeutici al conservatorio e da lì non mi sono più fermata. Ho sempre pensato che quella fosse la mia strada. Chiaramente durante il percorso si incontrano numerose difficoltà, come spesso accade quando si sceglie di affrontare una strada complessa come quella accademica. Anche a livello emotivo è stato impegnativo: ricordo perfettamente l’agitazione nell’esibirmi davanti ad un pubblico, iniziavo a non mangiare da una settimana prima dei concorsi! Poi col tempo e la maturità ho imparato a gestire tutta quell’ansia. Forse è stato proprio questo a farmi capire che la musica sarebbe stata la mia vita e il mio lavoro: il desiderio di seguire quella strada era talmente forte da rendermi capace di superare certi ostacoli.

Oltre a tutta la tua attività da compositrice, sul web possiamo trovare remix di svariati brani moderni con l’aggiunta di splendidi arrangiamenti per pianoforte curati ed eseguiti da te: da cosa nascono queste piccole “deviazioni” dalla strada principale?

Sì, sono una sperimentatrice incallita e anche iperattiva! Mi piace allontanarmi dalla zona di conforto per muovermi verso situazioni più stimolanti e più divertenti grazie alle quali trovo nuova linfa vitale, nuove ispirazioni. A tal proposito sta per arrivare una sorpresa e non posso anticipare nulla, anche perché manca davvero poco, ma si tratta sempre di questo: un nuovo modo di vivere situazioni apparentemente molto distanti dal mio mondo. Sì, è proprio come dici tu, sono piccole grandi deviazioni ed è proprio su questo che si fonda il mio percorso artistico. Ovviamente la strada principale, quella di riferimento, è determinata dal percorso di studi che mi ha resa più solida, più forte e mi ha dato la possibilità di sperimentare liberamente, senza paura di perdere l’equilibrio. Molti artisti temono di allontanarsi troppo dalla strada che hanno sempre percorso, in cui si sono formati, perché temono di perdere identità e di non essere più riconoscibili al proprio pubblico. Io rifuggo molto da questa cosa perché credo che il senso profondo di un viaggio sia nel percorso stesso, più che nel punto di arrivo. Se decidessi di rimanere sempre sugli stessi binari, sentirei di perdere troppe occasioni di crescere artisticamente.

Qual è il musicista che ti ha più ispirata nel diventare l’artista che sei?

Sono moltissimi e mi hanno accompagnata in periodi diversi della mia vita. Mi riferisco a classici come Debussy e Ravel ma anche Ennio Morricone che, per quanto riguarda la composizione, sono quelli che mi hanno ispirato di più e poi ci sono i romantici, per citarne solo due Chopin e Schumann, quelli che a livello di interpretazione sento più vicini. Ho un approccio romantico nel modo di eseguire la mia musica e si capisce da molti particolari. Quello col romanticismo è un legame molto forte a cui non voglio assolutamente rinunciare, così come non rinuncio a proiettarmi verso il futuro. Poi, cambiando totalmente genere ed epoca, Stevie Wonder, e ancora i nostri grandi autori e interpreti come Fred buscaglione. Non vado oltre solo perché la mia lista sarebbe lunghissima ed io non vorrei tralasciarne nemmeno mezzo. È un enorme puzzle fatto da migliaia di pezzi e ognuno per me è stato determinante.

È appena uscito il tuo nuovo album: “Big Break”. Raccontaci come mai proprio questo titolo dalle tinte forti.

Sì, il mio ultimo album è uscito il 29 maggio su tutti gli store digitali, più avanti uscirà anche l’album fisico. Si tratta di una sorta di antologia di dodici brani che rappresentano le svariate esperienze artistiche degli ultimi anni. Il titolo, “Big Break”, ha diversi significati: grande pausa, grande sospensione, rottura, ma anche grande occasione. Tutti i suoi significati hanno un’interpretazione comune: ogni grande sospensione o rottura può essere vissuta come una grande occasione. Questo momento storico, così particolare e delicato, mi sembrava proprio il momento giusto per farlo uscire. Quando è iniziato il lockdown abbiamo dovuto sospendere (…appunto!) Tutti i nostri programmi, per ovvi motivi. Ci ho riflettuto molto prima di decidere di farlo uscire a fine maggio, ma ho realizzato che non c’era momento più adatto di questo. La fase di pausa forzata che ci ha coinvolti tutti a livello globale può rappresentare anche un’opportunità per mettere in discussione quello che abbiamo fatto finora, soprattutto per trovare un modo di cambiare direzione e salvare il nostro futuro. Reiterare i nostri errori non è sano. A tal proposito ci sono diversi progetti ecosostenibili legati all’album. Ad esempio il progetto SCART: per lo shooting della copertina ho indossato un abito creato con materiali di riciclo (camere d’aria di bici e scooter: otto chili di abito!). Ci tenevo moltissimo per evidenziare simbolicamente quello che è il forte legame tra natura e musica. La musica fa vibrare l’animo delle persone e ci fa capire che siamo inseriti in un contesto, in un mondo che ci appartiene e che non va trascurato ma rispettato e curato.

Per l’aspetto più intimo, legato al significato di Big Break, mi sono resa conto di quanto fosse importante rompere col passato, a livello artistico e a livello personale. Questo album rappresenta proprio una rottura con ciò che non funzionava più nella mia vita, con ciò che mi frenava. “Big Break” mi ha proiettata verso un futuro più autentico e mi ha regalato la consapevolezza che posso superare il mio passato per diventare ancora più forte e sicura di me, di tutto quello che posso raggiungere svincolata da legami con situazioni statiche.

Ad anticipare l’uscita dell’album hai scelto di fare uscire il singolo “Sliding Doors”: come mai proprio questo brano?

Perché è quello che meglio rappresenta la bidimensionalità di cui parlavo prima, il passato e il futuro, divisi appunto, da una grande pausa/rottura. La sliding doors è il bivio, quell’elemento imprevedibile che ci troviamo davanti e ci costringe a scegliere.

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Da ogni “piccola deviazione” una grande crescita, da ogni “grande rottura” una rinascita

Intervista a Isabella Turso

In Italia è considerata una delle compositrici e pianiste più rappresentative di stile neoclassical new-age. Le sue composizioni hanno una capacità unica di coinvolgere in viaggi sempre diversi, emozionanti, introspettivi. In occasione dell’uscita del suo ultimo album da solista, “Big Break”, abbiamo intervistato l’incredibile pianista Isabella Turso.

Raccontaci quando hai iniziato a muovere i tuoi primi passi nella musica. Hai sempre saputo di voler fare la pianista nella vita o ne hai preso coscienza gradualmente?

Fin da piccola strimpellavo gli strumenti che mi capitavano a tiro in casa! Mio padre era un appassionato di musica, in particolare amava il pianoforte, e suonava da autodidatta. Era un vero talento ma ha fatto poi altro nella vita. Con il mio papà avevo un rapporto speciale e privilegiato: passavamo ore a suonare l’organo elettronico a doppia tastiera, ho ricordi bellissimi legati ai quei momenti. Lui mi insegnava delle melodie che riproducevo con facilità ad orecchio. Altra cosa per cui devo ringraziare mio padre è che mi faceva ascoltare moltissimi pianisti che ho amato follemente e che mi hanno fatto appassionare in modo molto naturale a questo straordinario strumento: in particolare ero affascinata da Horowitz e Aškenazi.

A nove anni ho iniziato a frequentare i corsi propedeutici al conservatorio e da lì non mi sono più fermata. Ho sempre pensato che quella fosse la mia strada. Chiaramente durante il percorso si incontrano numerose difficoltà, come spesso accade quando si sceglie di affrontare una strada complessa come quella accademica. Anche a livello emotivo è stato impegnativo: ricordo perfettamente l’agitazione nell’esibirmi davanti ad un pubblico, iniziavo a non mangiare da una settimana prima dei concorsi! Poi col tempo e la maturità ho imparato a gestire tutta quell’ansia. Forse è stato proprio questo a farmi capire che la musica sarebbe stata la mia vita e il mio lavoro: il desiderio di seguire quella strada era talmente forte da rendermi capace di superare certi ostacoli.

Oltre a tutta la tua attività da compositrice, sul web possiamo trovare remix di svariati brani moderni con l’aggiunta di splendidi arrangiamenti per pianoforte curati ed eseguiti da te: da cosa nascono queste piccole “deviazioni” dalla strada principale?

Sì, sono una sperimentatrice incallita e anche iperattiva! Mi piace allontanarmi dalla zona di conforto per muovermi verso situazioni più stimolanti e più divertenti grazie alle quali trovo nuova linfa vitale, nuove ispirazioni. A tal proposito sta per arrivare una sorpresa e non posso anticipare nulla, anche perché manca davvero poco, ma si tratta sempre di questo: un nuovo modo di vivere situazioni apparentemente molto distanti dal mio mondo. Sì, è proprio come dici tu, sono piccole grandi deviazioni ed è proprio su questo che si fonda il mio percorso artistico. Ovviamente la strada principale, quella di riferimento, è determinata dal percorso di studi che mi ha resa più solida, più forte e mi ha dato la possibilità di sperimentare liberamente, senza paura di perdere l’equilibrio. Molti artisti temono di allontanarsi troppo dalla strada che hanno sempre percorso, in cui si sono formati, perché temono di perdere identità e di non essere più riconoscibili al proprio pubblico. Io rifuggo molto da questa cosa perché credo che il senso profondo di un viaggio sia nel percorso stesso, più che nel punto di arrivo. Se decidessi di rimanere sempre sugli stessi binari, sentirei di perdere troppe occasioni di crescere artisticamente.

Qual è il musicista che ti ha più ispirata nel diventare l’artista che sei?

Sono moltissimi e mi hanno accompagnata in periodi diversi della mia vita. Mi riferisco a classici come Debussy e Ravel ma anche Ennio Morricone che, per quanto riguarda la composizione, sono quelli che mi hanno ispirato di più e poi ci sono i romantici, per citarne solo due Chopin e Schumann, quelli che a livello di interpretazione sento più vicini. Ho un approccio romantico nel modo di eseguire la mia musica e si capisce da molti particolari. Quello col romanticismo è un legame molto forte a cui non voglio assolutamente rinunciare, così come non rinuncio a proiettarmi verso il futuro. Poi, cambiando totalmente genere ed epoca, Stevie Wonder, e ancora i nostri grandi autori e interpreti come Fred buscaglione. Non vado oltre solo perché la mia lista sarebbe lunghissima ed io non vorrei tralasciarne nemmeno mezzo. È un enorme puzzle fatto da migliaia di pezzi e ognuno per me è stato determinante.

È appena uscito il tuo nuovo album: “Big Break”. Raccontaci come mai proprio questo titolo dalle tinte forti.

Sì, il mio ultimo album è uscito il 29 maggio su tutti gli store digitali, più avanti uscirà anche l’album fisico. Si tratta di una sorta di antologia di dodici brani che rappresentano le svariate esperienze artistiche degli ultimi anni. Il titolo, “Big Break”, ha diversi significati: grande pausa, grande sospensione, rottura, ma anche grande occasione. Tutti i suoi significati hanno un’interpretazione comune: ogni grande sospensione o rottura può essere vissuta come una grande occasione. Questo momento storico, così particolare e delicato, mi sembrava proprio il momento giusto per farlo uscire. Quando è iniziato il lockdown abbiamo dovuto sospendere (…appunto!) Tutti i nostri programmi, per ovvi motivi. Ci ho riflettuto molto prima di decidere di farlo uscire a fine maggio, ma ho realizzato che non c’era momento più adatto di questo. La fase di pausa forzata che ci ha coinvolti tutti a livello globale può rappresentare anche un’opportunità per mettere in discussione quello che abbiamo fatto finora, soprattutto per trovare un modo di cambiare direzione e salvare il nostro futuro. Reiterare i nostri errori non è sano. A tal proposito ci sono diversi progetti ecosostenibili legati all’album. Ad esempio il progetto SCART: per lo shooting della copertina ho indossato un abito creato con materiali di riciclo (camere d’aria di bici e scooter: otto chili di abito!). Ci tenevo moltissimo per evidenziare simbolicamente quello che è il forte legame tra natura e musica. La musica fa vibrare l’animo delle persone e ci fa capire che siamo inseriti in un contesto, in un mondo che ci appartiene e che non va trascurato ma rispettato e curato.

Per l’aspetto più intimo, legato al significato di Big Break, mi sono resa conto di quanto fosse importante rompere col passato, a livello artistico e a livello personale. Questo album rappresenta proprio una rottura con ciò che non funzionava più nella mia vita, con ciò che mi frenava. “Big Break” mi ha proiettata verso un futuro più autentico e mi ha regalato la consapevolezza che posso superare il mio passato per diventare ancora più forte e sicura di me, di tutto quello che posso raggiungere svincolata da legami con situazioni statiche.

Ad anticipare l’uscita dell’album hai scelto di fare uscire il singolo “Sliding Doors”: come mai proprio questo brano?

Perché è quello che meglio rappresenta la bidimensionalità di cui parlavo prima, il passato e il futuro, divisi appunto, da una grande pausa/rottura. La sliding doors è il bivio, quell’elemento imprevedibile che ci troviamo davanti e ci costringe a scegliere.

Isabella Turso - Pianista

Isabella Turso
Pianista

Si è diplomata con lode al Conservatorio di Trento, sua città di residenza, e si è perfezionata con grandi pianisti quali Bruno Mezzena, Leonid Margarius, Anna Kravtchenko e, in Spagna, con Alicia de Larrocha. Nel 2013 pubblica il suo primo album da solista, All Light, in cui esprime il suo stile classico-pop-jazz, ottenendo ottime recensioni. Durante la sua incredibile e ricca carriera, ha lavorato con una schiera di artisti come Dargen D’Amico, Pino Donaggio, Rui Massena, David Riondino, Luis Bacalov, Arnoldo Foà e molti altri. Il 24 aprile 2020 è stato pubblicato Sliding Doors, singolo che ha anticipato il suo nuovo album da solista “Big Break”, uscito il 29 maggio 2020 con la Bluebelldisc Music.

Canale Youtube

Isabella Turso - Pianista

Isabella Turso
Pianista

Si è diplomata con lode al Conservatorio di Trento, sua città di residenza, e si è perfezionata con grandi pianisti quali Bruno Mezzena, Leonid Margarius, Anna Kravtchenko e, in Spagna, con Alicia de Larrocha. Nel 2013 pubblica il suo primo album da solista, All Light, in cui esprime il suo stile classico-pop-jazz, ottenendo ottime recensioni. Durante la sua incredibile e ricca carriera, ha lavorato con una schiera di artisti come Dargen D’Amico, Pino Donaggio, Rui Massena, David Riondino, Luis Bacalov, Arnoldo Foà e molti altri. Il 24 aprile 2020 è stato pubblicato Sliding Doors, singolo che ha anticipato il suo nuovo album da solista “Big Break”, uscito il 29 maggio 2020 con la Bluebelldisc Music.

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